Mondi che crollano

Sono una vecchia ventiduenne.La gioventù è per me cosa passata, non ho bisogno di fare nuove esperienze o di provare le ultime innovazioni, in nessun senso.
È che avrei bisogno di una nuova cura, ora.
Sto male. Sto male che non stavo così male dai tempi in cui V mi faceva patire le pene dell’inferno. Sto tanto male da non trovare rimedio. E la cosa che mi fa più incazzare è che sto così, un’altra volta, per un maschio.
Poche persone nella mia vita mi sono interessate veramente, e con ‘veramente’ intendo in modo incontrollabile. Io, che sono una maniaca del mantenere gli equilibri, del tenere sott’occhio tutto quello che mi succede, con la pretesa di poter gestire anche le emozioni. E ci riesco, eh, ci riesco anche bene fino a quando non subentra questo stato d’animo.
Beh, insomma, dicevo che poche persone mi sono interessate nella mia vita, in questo senso, e con nessuna di esse ho mai concluso nulla. Il perché non me lo spiego. Non me lo spiego ora e non me lo sono spiegata quella sera, quando avevo la possibilità di agire. Capire. Buttarmi?
Non prendiamoci in giro, tanto non l’avrei mai fatto.

Come una vecchia adolescente pusillanime e imbarazzata non ho il coraggio di espormi, e mi lamento con un “Perché non mi nota?”.
Ventidue anni signore e signori. E non so ancora relazionarmi con un uomo.
Nonostante la mia proverbiale diffidenza verso il genere maschile, il mio conclamato disinteresse verso possibili storie romantiche, la mia pluri-dichiarata ricerca dell’indipendenza personale e della tranquilla solitudine, prima che della compagnia di un uomo… Sono qui, in camera mia, che non riesco a prepararmi per questo fottuto esame perché ho le lacrime agli occhi. Ciò che non ottengo e che non riesco a far capire di volere mi obnubila la mente e non ho armi contro questo.
Parlo con Eri e con la Sissi di questa storia, le uniche che ora sono in grado di capire. Non riesco a dirlo nemmeno ad A e G, mi sento così fragile. Mi vergogno così tanto di provare questo.
Mi vergogno anche di fronte a questo foglio di Word.
Al mio iPod. Devo mettere una playlist che mi aiuti a superare questo momento. Parto con i Ministri cercando la giusta dose di incazzatura e disillusione.
Ma poi prevalgono come sempre i miei Muse. E non vorrei rovinare la musica del mio gruppo preferito riempiendola di significati che riguardano questa situazione, che riguardano quel “lui”. Sono significati che non se ne andranno. Lo so perché ho già rovinato Undisclosed Desires per colpa di V, e ogni volta che parte il pensiero, anche se ora senza dolore, si rivolge a lui.

C’è una canzone dei Muse che condivido con pochi. È la mia preferita, una di quelle che non hanno mai fatto live. Il perché non lo so, ma credo che anche Matt  sia così emotivamente coinvolto (come me, insomma) in questo testo e in questa melodia da non potersi permettere di mostrarla al mondo.
Non la mostrerò nemmeno io, nemmeno ora, nemmeno qui. Ieri mi è capitata shuffle, in mezzo a 1851 canzoni che potevano capitarmi, e le associazioni indebite sono partite. Così come le lacrime, quelle lacrime che non versavo da mesi.

DSM IV

Ma che feci io di male nelle mie vite precedenti per finire ad essere sempre e perennemente coinvolta in vicende con casi umani nel vero senso del termine?
Non stavo così bene nel mio periodo di letargo ormono-sentimentale e di zitellismo precoce, in cui era tutto acidume, era tutto musica dal punto di vista tecnico, tutti erano per me fonte di indifferenza?
Furono giorni di gloria.
E come tutti i Glory Days cantati da zio Bruce, dovevano cocnludersi.

Quindi vieni a me insonnia, venite a me fantasie insensate su soggetto non ancora ben identificato (possibile sindrome di Asperger a giudicare da freddezza e incapacità comunicativa – orma classifico le mie cotte attraverso il DSM IV), vieni a me caos e porta con te la certezza che anche questa volta il mio cuore non mi condurrà da nessuna parte. Se non a farmi fottere.

In the bathroom is where I want you

Eh.
Le sensazioni nuove, non me lo ricordavo più com’erano, e mi stanno spaventando parecchio.
Passo la mia vita ad evitare qualunque tipo di coinvolgimento, da anni, ed inevitabilmente non trascorre un giorno che sia uno senza essere coinvolta in qualche patatrac.

Eri mi ha detto, stasera, a proposito di quella cosa strana che sta nascendo tra lei e Ale: “Vorrei essere felice anch’io, ma più che altro sono terrorizzata”.
Ha usato il termine giusto. Lo sono anche io per loro, figurarsi se poi, immediatamente, il pensiero vola sulla mia situazione.
Su tutta questa novità. Sui segnali che arrivano ma che forse non è così, perché in fin dei conti è sempre stato che una volta ammesse le cose, me li creo da sola, i segnali.

Aaaaah madre de diosss! Ho questo cuore che non fa più male e che batte fortissimo e che mi fa fare continui sospiri e che ogni volta che mi guardo allo specchio, così gongolante, mi tirerei un pugno.
E vorrei tanto parlare con qualcuno che la situazione la vive con me, dall’interno, ma non posso che se le dico ad alta voce le cose poi si materializzano e io non voglio, non voglio.

Voglio solo che la cosa mi passi o che si risolva in una serata sola, magari in bagno, chi se ne frega dello squallore. Ma che finisca lì e oltre non vada, perchè non me la sento, non lo voglio, non deve.